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Una manciata di testi poetici per dire la breccia sempre possibile verso l’impossibile. Un tentativo di parola per amare l’Altro attraverso un verbo costretto all’infinito – o contro l’infinito zoppicante dei poeti – senz’altra coniugazione che non sia per amore, o per una qualche forma esacerbata d’intelligenza, tentando la parola dell’unicità, della lotta, degli umori, ben prima che se ne muoia per i suoi “peccati”, ben prima che essa si disfi e ricombini dentro la storia dei fallimenti.
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[…] [Non esiste nulla] Solo il canto indecente del mondo, e due mani che lo prendono in grembo. Per cullarlo. Solo per cullarlo. Il mondo ha bisogno di essere cullato. Se sei il mondo posso solo cullarti con la musica che dondola l’impossibilità di un noi e quattro piedi su di una via. Qualche macchina e pochi alberi. Quattro occhi e due mani. L’una dentro l’altra. Un paio di labbra su di un orecchio. Due encefali. Tessuto nervoso. Muscolare. Osseo. Vasi sanguigni. Due pancreas. Due fegati. Quattro polmoni. Cromosomi di forma diversa. L’avvicendarsi sulla strada, di due corpi uniti da un perché che si riduce ad un forse […].