Flavio Sciolè :: Nel Disincanto Asociale

 

Flavio Sciolè, Nel Disincanto Asociale. 33 stazioni per un disinteresse, con una nota di C. Mangone. Download gratuito dell’ebook [pdf]: https://maldoror.noblogs.org/files/2019/03/FlavioSciole-NelDisincantoAsociale-MaldororPress-2019.pdf

 

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[stazione] II – Maestranze

Mostra il libricino piccino piccino
lo tiene in mano, lo mostra a tutti
se ne vanta, ne parla, ne gode
tutti lo chiamano maestro
e lui ammaestra, indica la via
lui è la luce, l’unica prospettiva
Tutti bravi a parlare d’arte, a metterla da parte
passarla da parte a parte, disfarne il senso
Tutti bravi a fare l’arte con l’antiarte degli altri
dei non presenti, dei non storicizzati
tutti bravi a storicizzarsi da soli, ad autocriticarsi
a scriversi le prefazioni, le postazioni e gli intermezzi
Tutti bravi a presentarsi alle presentazioni
ed a presentare il presente presentatore
Cogli applausi da accogliere, da cogliere al volo
da cogliere al primo colpo, tutti ad autoapplaudirsi
riverirsi, dedicarsi dediche, autocitarsi, autoeccitarsi
occuparsi di sé, fingere di occuparsi degli altri per
parlarsi, di nuovo, addosso, a ridosso
non mollare l’osso, riportarlo al sistema padrone
non disoccuparsi mai, potrebbe nascere un pensiero reale
nella melma autoreferenziale, potrebbe incrinare
il bel castello marcondirondirondello, il più bello
sempre politicamente corretti, sempre politicamente scorretti
sempre a favore, sempre contro
sempre perfetti, sempre osceni
tanto tutto fa scena, anche l’osceno
e quindi
bisogna
eliminare
chi non si mostra alla mostra
chi non è in scena, chi non allestisce il teatrino
mentre declina
i suoi no.

FLAVIO SCIOLÈ

 

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“La poesia di Flavio Sciolè (…) resta ben al di qua del bello poetico e se ne sta a danzare ironicamente (con un ritmo davvero niente male) sulla soglia tra gesto e possibilità della parola. (…)
La scioliana parola del disordine è disattendere. Il che significa uccidere la speranza e lanciarsi nel divenire di cui sopra: io vi disattendo, io mi disattendo, io disattendo / ogni ipotesi, ogni credo, ogni dialogo, ogni senso / io disattendo / tutto (stazione III). Disattendere quindi anche la propria disattesa e cominciare a balbettare, a farfugliare, a vomitare stelle nane bianche. Come Ghérasim Luca. Come Carmelo Bene. O come un Artaud senza più le crudeltà prêt-à-porter dei teatranti.
Farfugliare. Sfarfallare. Sfruculiare il verbo, il sesso del verbo, gli occhi morti del verbo. Masturbare le proprie mancanze, anche, e concepirne un rovesciamento, rivoltando il nulla come un calzino bucato e venendo in faccia all’eroe di turno che recita un non senso post dadaista.” [dall’appendice di Carmine Mangone]

 

 


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