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Jean-Pierre Voyer :: Marx rovescia Hegel

 

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Due brevi testi di Jean-Pierre Voyer: Marx rovescia Hegel + Il mio scopo nella vita.

 

«(…) Marx giunge così a quel paradosso che ho sempre trovato assai ridicolo (e quando dico sempre, intendo dire a partire dai miei vent’anni, allorché tutti i miei compagnucci erano dei convinti sinistrorsi marxisti): le leggi della storia, che derivano dal fatto che la ragion d’essere è nell’origine, fanno sì che i giochi siano già fatti, e che il capitalismo sia condannato come per magia. Eppure, bisogna educare e guidare la classe operaia. Ma a che pro, se il capitalismo è condannato magicamente dalle leggi della storia? (…) Alla stessa stregua, ho sempre trovato ridicolo che i situazionisti si rallegrassero del presunto crollo del capitalismo. L’impero romano è crollato, e allora? Né Roma, né Atene, né le rivoluzioni borghesi sono nate da un crollo, bensì da una preparazione nelle profondità del mondo come riterrebbe Hegel. Allorquando si riesce infine a scorgere ciò che si stava preparando in un clima di frivolezza, tutto è già compiuto: sorge un sole che disegna in pochi istanti un intero mondo. Niente di buono può risultare da un crollo.
In questo mondo, lo spirito è condannato a trasudare dalle piaghe degli stigmatizzati, a zampillare dalle rovine, a traspirare come un segreto. Ecco perché la musica di Wagner traspira.
Solo il tutto è reale. Ora, il tutto non si vede mai. Dunque ciò che si vede non è reale, è uno spettacolo. Lo spettacolo esiste dall’eternità. La cosa è sapere. Se essa non si manifesta, è per ragioni diverse da quelle addotte da Kant. Il mito è trasfigurazione dell’origine.
Il mondo è un sapere popolato da ignoranti. Il mondo è saggio, ma lo ignora. I suoi abitanti sono ignoranti, ma anch’essi lo ignorano.»


Jean-Pierre Voyer :: Reich Modo d’uso

 

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La riproposizione di un folgorante manifesto pubblicato originariamente da Jean-Pierre Voyer nel 1971, qui con un’appendice inedita in italiano.

Fotografie di Andrea Canzi.

 

«Essendo nella posizione migliore per giudicare, Wilhelm Reich non poté evitare di essere colpito dal ruolo giocato dal carattere, come struttura anti-individuale, nella magnifica messa in scena nazista. Egli abbandona la questione burlesca del “Perché gli operai si rivoltano?” diretta a psicanalisti, psichiatri, sociologi e agli altri servitori dello spettacolo, per porre invece la questione fondamentale: “Perché non si rivoltano?. Reich attribuisce la sottomissione all’annientamento dell’individuo da parte del carattere. Il che è difficilmente contestabile. Tesi necessaria, ma ancora insufficiente.».